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18 février 2007 7 18 /02 /février /2007 14:59
(No comment...)

Scalzone ritrova gli ex compagni terroristi.
E i no global lo acclamano come una star

Il Giornale
di Gianluigi Nuzzi - domenica 18 febbraio 2007, 07:00

L’abbraccio più lungo Oreste Scalzone, ex leader di Potere operaio, lo riserva ai terroristi. Vecchi e nuovi. Baci all’ex brigatista rosso Paolo Boschieri, all’amico Mario, altro ex dei Comitati comunisti rivoluzionari oggi nel Social Forum, ai duri e puri di un tempo tra Potere operaio e Autonomia, oggi un po’ attempati che sfilano e che lui incontra lungo il corteo. Come Alfonso Latella, da operaio Fiat organizzò il primo sciopero senza sindacati nello stabilimento automobilistico nel 1968. E alla fine manca solo l’amico Franco, l’ex terrorista di Prima linea che due settimane fa l’ha portato in Italia da Nizza a bordo del camper.
Ma Scalzone, stupirà, è icona soprattutto per i giovani. Seppur ormai sessantenne lo riconoscono in moltissimi, dai 16 anni in su. Un tam tam di passaparola lungo il corteo. Lo applaudono i ventenni no global dei centri sociali di Torino, Bologna e Firenze. Viene invitato negli atenei, «Oreste quando vieni da noi, a insegnarci all’Università?». Lo abbracciano e sostengono per tutto il corteo. Occhi colmi di stima, amore. Un mito, il loro. Fotografie con i telefonini, con le polaroid “usa e getta”. Gigioneggia lui, ma non si sottrae. Firma l’appello dei Carc contro i compagni detenuti. E ancora abbracci. Come ai due ragazzini poco più che ventenni appena usciti dal carcere, in Francia, per dei disordini a una manifestazione contro il precariato a Parigi. Come con il segretario generale della Fiom Giorgio Cremaschi, «Io ti abbraccio in pubblico - si stringe l’ex leader di Potere operaio - ma qui è pieno di giornalisti», e il sindacalista infila la battuta: «Bisogna vedere chi dei due è il terrorista». E Scalzone di rimando gli chiede di portare un’ambasciata al segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani: «Valga la presunzione d’innocenza, ma se tutti questi brigatisti sono iscritti alla Cgil non serve il negazionismo». Cremaschi pragmatico: «È un messaggio per l’amnistia sul terrorismo?», «Certo, a Epifani ripeto le parole di Sant’Agostino: “La saggezza viene dopo tanto dolore”».
Scalzone alza il pugno chiuso solo una volta. Siamo di fronte allo striscione «Fuori i compagni dalle galere» dei duri dell’antagonismo veneto. Del centro sociale Gramigna di Padova, quello coinvolto nelle indagini sulle nuove Br del pm Ilda Boccassini. Disobbedienti che a sorpresa lo contestano: «Fascista, fascista», parte un coretto ma si capisce subito perché. I padovani non vogliono Scalzone vicino alle loro bandiere, «sennò le tv ci inquadrano insieme e poi domattina al lavoro ci licenziano - urla una capa di mezza età dagli occhi infuocati -. Non hai idea di quello che, con queste inchieste giudiziarie, stiamo vivendo». Scalzone sorride sornione. Fiuta esperto le situazioni. Conosce persino uno dei capi dei presunti terroristi arrestati lunedì, Alfredo Davanzo, anche lui mimetizzato a Parigi. «Lo vedevo alle manifestazioni degli esuli, una volta mi ha pure attaccato, “noi siamo operaisti e tu professore...”, mi diceva. Ma l’ho zittito subito».
Che poi sia finita fortunatamente senza incidenti ma solo con un petardo lanciato sulla Questura Scalzone lo aveva messo in conto. «Vi pare che i guerriglieri veri gettino petardi? Ve lo vedete il capo br Mario Moretti lanciarne uno?». E prima che il corteo partisse: «Gli scontri in questo corteo erano troppo annunciati. E non ci saranno. La guerriglia si regge sulla sorpresa e chi la fa per appuntamento è solo un fesso. Come chi grida “10,10,1000 Nassirya” è un frustrato. Ma scusate le Br hanno mai detto “10,100,1000 Aldo Moro”?». Mai. Scalzone saluta e parte per Milano. Lo attendono centri sociali, università e no global. Che ascoltano e applaudono il vecchio leader.
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