Alla costituzione di un movimento antipenale potremmo andarci non con una identità definita ma con un discorso comune autonomo, quello che io definisco comunauta.
Proposta – per riprendere ancora Foucault – contro la razionalità dell’economico, dello statale, della società del lavoro. Spieghiamoci, confutiamoci, contestiamoci,
ricomprendiamoci, incontriamoci, combattiamoci pure, ma anche amnistiamoci. Dimostriamo che è possibile combinare il ricordo e l’oblio mentre adesso si arriva ad una microfisica delle
guerre sante, l’uno contro l’altro. La risposta, Canetti, è ancora nel vento: avremo finito di uccidere quando gli esseri umani saranno liberi come uccelli e fraterni come uno
stormo.
|
C’era stato, ricorderete, un invito di Oreste, ma non siamo padroni di noi stessi e facciamo i conti col caso e con l’imponderabile. Anche di questo vive a volte la vita, ed è giusto informarvi: occorre rimandare.
Come avete letto sull’invito, il 23 si presentava a Napoli La memoria e l’oblio di Roberto Silvi, compagno prezioso che se n’è andato via l’anno scorso (una presentazione s’è tenuta ieri poi a Roma e un’altra si farà a Milano il 29 nella sala delle Calusca). Oreste ce lo siamo visti arrivare quando era appena terminato l’intervento suo filmato per l’occasione; s’era pensato di far così, nel caso non ce la facesse a venire di persona, perché si sapeva che si portava appresso uno stillicidio di sanguinamento d’origine gastrica.
Che non stesse bene era chiaro, ma quando l’abbiamo visto, come al solito più ossa che carne, ci ha spaventato per il colorito - era quello d’un lenzuolo fresco di bucato - e l’affanno micidiale che lo prendeva appena si provava a camminare. Stavolta, insomma, non era come al solito. C’era qualcosa di veramente preoccupante e l’abitudine “tattica” di Oreste, che minimizza per non farsi “mettere a riposo”, ha funzionato solo per un poco. Presto s’è capito che non c’era da scherzare.
Ricoverato d’urgenza, è risultata un’anemia micidiale con emoglobina appena superiore al 5 % e i medici hanno avviato un programma di trasfusioni, terapie e accertamenti che costringe Oreste, noi e chiunque tra i compagni volesse partecipare, a soprassedere.
Com’era scritto nell’invito, la festa prevedeva che i convitati accompagnassero Oreste all'Ambassade de France in Palazzo Farnese, dove intendeva consegnare una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, al fine di rilanciare la richiesta (rivoltagli due mesi fa da un gruppo di persone nella forma di una lettera aperta) di ritornare sulla decisione di estradare Sonia Suder e Christian Gauger.
Non stiamo qui a farvi il riassunto d’una vicenda che già conoscete e che, ad ogni buon conto, potete trovare nei particolari al sito http//stopextraditions.info. Vale la pena, se mai, che chi ne abbia voglia vada a rileggersi la lettera indirizzata a Nicolas Sarkozy, pubblicata peraltro su “Le Monde” il 16 novembre del 2009 e della quale dovrebb'esserci anche la versione italiana. Sinora era pervenuta ai firmatari una risposta del Consigliere Tecnico delle Presidenza della Repubblica francese della quale, con tutta la buona volontà, non si può fare a meno di rilevare un dato incontrovertibile: non c’è alcun elemento di pertinenza con la vicenda di cui si parlava nella lettera-appello.
Si tratta, piuttosto, di un formulario standard, usato in altra fattispecie e fatto pervenire per errore di natura evidentemente burocratica. Con buona pace di Brecht e della lode al dubbio, stavolta la certezza è legittima: la risposta richiama il noto dialogo: « Dove vai? », « Porto pesci ». E non perché così ci piaccia di pensare, ma concretamente e in punto di diritto. La risposta, infatti, con formula di rito, assicura la presa d’atto e la dovuta attenzione da parte del Presidente della Repubblica francese alla lettera-appello, che gli chiede di tornare sulla decisione di firmare un decreto d’estradizione. E, afferma che il Presidente, per il suo ruolo di garante della separazione dei poteri, non può interferire in alcun modo sul corso della giustizia.
Questa risposta – davvero non c’è dubbio – gira su se stessa: non è, infatti, la Chambre d’accusation che firma i decreti d’estradizione. Essi, per loro natura, sono firmati dal Primo ministro e, d’altra parte, che c’entra con tutto questo la separazione dei poteri? E’ fissato in diritto costituzionale che la Chambre de l’instruction e la Cassazione esprimono giudizi di conformità, ma che la decisione sull’estradizione - che si materializza nella firma di un decreto - è facoltà esclusiva dell’Esecutivo. Potremmo aggiungere, ad abundatiam: il ricorso al Consiglio di Stato contro il decreto è ricorso a un Tribunale amministrativo. Lo dicono i casi Stéefan (1991) e Petrella (2008): revocare un decreto d’estradizione è decisione motu proprio dell’autorità sovrana che l’ha presa, e non comporta nessun conflitto di poteri: semplicemente, viene meno la materia del ricorso.
Con la lentezza dei tempi che l’estrema povertà dei mezzi comporta, i compagni che a Parigi si stanno battendo per Sonia e Christian sulla base di una pratica di solidarietà concreta che rientra nel principio dell’asilo “uno, indivisibile, indiscriminato, per tutti e ciascuno”, stanno rimettendo in moto una campagna a partire dalle necessità di una contro-risposta a quella risposta. L’argomento è incontrovertibile, ma la nostra voce è fragile. La questione centrale posta nella lettera aperta non è eludibile. Un Presidente della Repubblica dichiara « Non è una buona concezione della Giustizia giudicare 32 anni dopo i fatti, una persona che ne ha 76 ». (“Le Figaro” del 15. 10. 2009), Ed è così vero che, al di là di tutto ci chiediamo: come non può non vedere un attentato grave alla sua credibilità il fatto che, in una fattispecie identica (due ultra settantenni ricercati per fatti accaduti 34 anni fa) possano essere estradati per una decisione che, in ultima analisi, è sua? La cosa può anche passare all’inizio sotto silenzio, ma, alla lunga, questa incoerenza non rafforzerà la credibilità di un uomo pubblico.
Il problema è, però, che i Capi di Stato sono per definizione “inaccessibili” rispetto a voci come le nostre e, per questo, Oreste ed alcuni tra noi si era pensato di rendere a Roberto Silvi l’omaggio di “utilizzare” queste presentazioni del suo libro in Italia, costruendo un piccolo “evento” che potesse consentirci di far arrivare al Presidente della repubblica Francese la riproposizione identica della lettera originale, perché senza alcuna possibilità di confutazione si può dire che non è stata data ancora una risposta e che dunque l’attendiamo.
Oreste e alcuni suoi “complici” napoletani vi scrivono per dirvi che naturalmente un compleanno si può rinviare e, perché no?, facciamo la scommessa di festeggiarlo assieme dove meglio si potrà l’anno prossimo. Quanto alla “risposta alla risposta”, essa potrà essere fatta singolarmente o collettivamente. E poiché la lettera inviata a “Le Monde” terminava dicendo che le 22 persone, (“gens sans qualités ni titres particuliers”), erano solo gli iniziatori e che essa restava aperta a chi volesse sottoscriverla, noi proponiamo che chiunque condivida questa battaglia contribuisca a rilanciarla in tutte le forme che saranno possibili e, intanto, aderisca scrivendo al sito http://stopextraditions.info/
Tempus fugit…
Saluti da Oreste e dai suoi complici napoletani
17 novembre 2009: nuovo processo contro gli immigrati di via Corelli Non lasciamoli soli! A fianco dei detenuti, per rivendicarne la piena e incondizionata liberta’, per rafforzare il contatto solidale coi prigionieri e respingere il tentativo di isolamento. La questione sta tutta nei numeri MARTEDI’ 17 NOVEMBRE ORE 9,30: PRESENZA IN TRIBUNALE |
Le 15 octobre, les Allemands Sonja Suder, 76 ans, et Chris- tian Gauger, 68 ans, se sont vu notifier le décret d’extradition les concernant, signé quatre mois plus tôt, en juillet, par le premier minis- tre François Fillon. L’Allemagne a réclamé l’extradition de ce couple réfugié en France depuis 31 ans, qu’elle soupçonne d’avoir fait par- tie des « Cellules révolutionnai- res », une organisation proche de la Fraction armée rouge, ou « bande à Baader ». Mais en France, fait inha- bituel, Sonja Suder et Christian Gau- ger ont été jugés deux fois en sens opposé. Ils ont été interpellés une pre- mière fois par les renseignements généraux dans le 11 e arrondisse- ment de Paris, le 16 janvier 2000. Le sort du couple, placé sous écrou extraditionnel le 18 janvier 2000, et libéré trois jours plus tard sous contrôle judiciaire, est alors exa- miné par la cour d’appel de Paris, qui conclut, le 28 février 2001, à l’ir- recevabilité de la demande d’extra- dition. Les faits qui leur sont repro- chés remontent à plus de trente ans et sont, en France, prescrits. Les autorités allemandes soup- çonnent Sonja Suder, sur la foi de déclarations de repentis, d’avoir participé indirectement à l’attentat contre les participants d’une confé- rence de l’OPEP à Vienne le 21 sep- tembre 1975. Attentat orchestré par Illich Ramirez Sanchez, alias Carlos, lors duquel trois personnes avaient été tuées. Selon la police alleman- de, Sonja Suder aurait participé au recrutement du terroriste Hans-Joa- chim Klein, l’un des repentis, et aurait remis, la veille, les armes au commando. Prescription Elle et son compagnon sont aus- si soupçonnés par la police alleman- de d’avoir commis trois attentats à l’explosif ou tentatives d’attentats contre le château d’Heidelberg, deux sociétés, KSB à Frankenthal et MAN à Nuremberg, entre 1977 et 1978. Le rôle de Christian Gauger, décrit par la police allemande, aurait été de fournir les matériaux nécessaires et de gérer les caches. Remis en liberté, le couple sort de la clandestinité, quitte Lille où il résidait et s’installe à Saint-Denis, en région parisienne. Ils ont vécu toutes ces années chichement du produit de la vente de vide-gre- niers, réparant quand ils le pou- vaient du petit matériel électromé- nager. Victime d’un accident cardia- que en 1997, Christian Gauger souf- fre de graves séquelles. Il n’a plus la même assurance et a perdu une par- tie de sa mémoire. Pour ces raisons, il dépend de plus en plus de sa com- pagne. Mais le 30 octobre 2007, le couple est de nouveau interpellé, cette fois à la sortie de son domicile. De nouveau placés sous écrou extraditionnel, Sonja Suder et Christian Gauger sont libérés le 28 novembre 2007. Le Land de Hes- se est en effet revenu à la charge sur sa demande d’extradition en met- tant en avant la convention de Dublin de 1996, qui lie les Etats membres de l’Union européenne, et stipule, article 8, que « l’extradi- tion ne peut être refusée au motif qu’il y a prescription de l’action ou de la peine, selon la législation de l’Etat membre requis ».
Cette convention est entrée en applica- tion en France en juin 2005. Du coup, la cour d’appel de Paris s’est prononcée, le 25 février dernier, en faveur de l’extradition des deux Allemands, – en totale contradic- tion avec son premier arrêt. Cheveux blancs pour lui, poivre et sel pour elle, le couple aux allures de retraités dissimule son inquiétu- de sous la sobriété de son propos. « C’est un peu étonnant de changer d’avis », dit Sonja Suder. Christian Gauger hoche la tête. « Cette convention de Dublin n’est jamais entrée en vigueur en France, s’indigne leur avocate, Irè- ne Terrel. Et en droit français, les seuls faits imprescriptibles sont les crimes contre l’humanité. » La situa- tion de Sonja Suder et Christian Gauger, membres supposés d’une organisation aujourd’hui disparue, – ce qu’ils n’ont jamais confirmé ni formellement nié –, apparaît, de fait, assez inédite. « On est au degré zéro du droit, poursuit M me Terrel. Le procès équitable, 35 ans après, est tout simplement impossible, il n’y a plus de notion de délai raisonnable, la plupart des témoins sont morts, les preuves n’existent plus... » L’avocate, qui espère une abroga- tion du décret, compte mettre en avant l’autorité de la chose déjà jugée, l’âge et les problèmes de san- té de ses clients. Surtout, M me Terrel, tout comme les soutiens du couple qui se mettent en place rappellent le commentaire de Nicolas Sarko- zy, à propos du cinéaste Roman Polanski, poursuivi pour actes sexuels sur une mineure aux Etats- Unis en 1977, interpellé le 27 sep- tembre en Suisse, et menacé d’ex- tradition. Dans un entretien au Figaro, le 16 octobre, le président de la République déclarait : « Je com- prends que l’on soit choqué par la gravité des accusations contre Roman Polanski. Mais j’ajoute que ce n’est pas une bonne administra- tion de la justice que de se pronon- cer trente-deux ans après les faits, alors que l’intéressé a aujourd’hui 76 ans. » L’affaire Suder-Gauger est aujourd’hui devant le Conseil d’Etat.