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18 janvier 2006 3 18 /01 /janvier /2006 00:41
Nel corso della giornata pubblicheremo la trascrizione integrale dell'intervista rilasciata al Corriere della Sera che troverete in edicola questa mattina.
Blackblog
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6 décembre 2005 2 06 /12 /décembre /2005 03:45

Con l'arresto di Paolo Persichetti il 25 agosto del 2002, si era interrotta la pubblicazione on line di Comunautilus: da oggi è di nuovo possibile consultare il sito grazie anche alla tenacia di un compagno che ha potuto ricostruirlo, armandosi di pazienza e seguendo le indicazioni che Paolo è riuscito a trasmettere nonostante la sua situazione di detenuto.
Il sito viene riproposto nell'ultima versione aggiornata* da Paolo prima di essere privato della libertà.

Abbiamo in cantiere una nuova edizione e conteremo con nuovi contributi di Paolo & Co.


http://orescal.free.fr/Comunautilus/index.htm

http://paolopersichetti.over-blog.com

*Vi preghiamo di segnalare links rotti o pagine mancanti (ce ne sono ancora varie non recuperate) e , se disponete di un backup delle stesse, di farcele pervenire. Grazie



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5 décembre 2005 1 05 /12 /décembre /2005 17:18


L’uomo di marmo (storie del socialismo ir/reale)

"Iersera per esempio (vedi, il tragicomico?) c'era una contestazione a quel gran figlio di puttana del sindaco di Montreuil Brard (deputé-Maire "apparenté communiste" – indipendente non per altro, ma perché è da un quarto di secolo un ras! I verdi che erano entrati in maggioranza 5-6 anni fa, col nostro amico Patrick Pettjean ajoint au Maire, ne dovettero uscire!)

Rapida 'fiche' di Brard : nazional-repubblicano, giacobino 'alla' Chévenement, con tutta l'ideologia da radicalsocialismo Terza Repubblica, tipo jules Ferry e l' "evangelizzazione laico-Repubblicana", la Scuola Meritocratica de la République che doveva civilizzare i negri & altri selvaggi.... Insomma, colonialismo civilizzatore RRRepubbblickcanno.
Il tutto, condito da ideologie lavoriste, e da casuistica stalino.


Demagogo, erede del tristamente celebre Maire PCF di Vitry, che nel '79 mandò le ruspe a radere un foyer Sonacotra (dandosi buona coscienza con l'argomentazione – evidentemente, in tutto c'è del vero, ma....– che lo faceva per non essere acquiescente e fatto becco dal contiguo comune retto da RPR-UDF , che voleva incastrare i comunisti col ricatto "sociale", scaricandogli il "parco umano" di immigrati e così facendo dei comuni "comunisti" delle zone a fiscalità deficitaria, dunque innescando una spirale viziosa di ghettizzazione/degrado/malcontento, e dei poveri e delle "classi medie".... "Eh no, diceva il Nostro, 'i comunisti [[ che -non-han-paura...-- difenderanno la libbertà... , come canta – sull'aria di "E la tradotta che parte da Nova-a-ra / arriv'al Piav'e non si ferma più/la va diretta al MonteSa-anto/cimitero della gioventù” – la celebre canzone frontista "Vi ricordate quel di-cciott'Aprile/ d'aver votato democristiani- senza pensare all'indomani– a rovinare la Gggioventù...” ]] non dormono mica da piedi, non se fanno mica concallà lu pajiericciu, come dicono a Terni [Cfr. il poema "A Oreste che sse sposa”, 1970, in "221 Sonetti” del poeta vernacolare Antonio Pecorelli, ed. <Terni> 1981 ] ; li communisti –– diceva in buona sostanza il prototipo dei Brard – mica se fanno mette l'anelli ar naso comme li Balubba [cfr. A. Occhetto, un discorso alla Camera dell'apoca della “giojosa macchina de guera” ; o anche U.Bossi, stesso indirizzo di lupanare, variante/variazione su tema consistente nella sostituzione, a "Baluba”, di “Bingo Bongo”, più fresco e canzonettistico] ..., lu .... (ah, scusa, stavo continuando con la traduzione in para/ternano...–N.d.O.), il Partito è "Novello Principe”, "puer fortis et malitiosus" [ sc'hai presente "la" Rossanda?], e dunque, come diceva Pertini, "a bbrigante, brigant'& mes!”] ...

...bref : a quel sindaco di Vitry, la lezione la dettero Félix & la sua "banda", che fecero un "falso" stile Sparagna de l'Humanité che fece epoca...

Questo Brard, per tornare a lui, sono anni che  fa la guerra agli africani dei foyers "Bara” (dal nome della via, accanto al Metro' Robespierre di Montreuil, dedicata a un "piccolo caporale morto al campo d'onore" nella macelleria della Grande Guerra) e Nouvelle France.
Naturalmente la fa per il loro bene! Vuole “sloggiarli” da quella specie di Kasbah (dove la domenica, nel cortile i barbieri tagliano i capelli, la sera si mangia il mafé e dove ce n'è per dieci ce ne può essere pure per venti... &tc. ), per ridistribuirli in piccoli foyers, molto più sani e moderni  (c'hai presente i nuovi carceri? Niente a che vedere con postacci tipo "Reggina" e simili, pieni di cimici, topi, buchi & altro....), dove stiano a gruppi di 8-1O, con tanto di codice alla porta, custode, citofoni.... E quelli "irregolari", "clandestini", eh bé.... bisogna che siano messi su charters e treni e rimandati a casa loro!

Per ogni strato di "classe dangereuses" – squatters, precarî, desœuvré[e]s varî, "recuperatori", disoccupati, sfaccendati dai mille o nessun mestiere, quali che siano gli incarnati, i sessi & generi, le attività e i gusti, questo Regolatore molto più "stagionato" che Cofferati ha la risposta giusta.

Ad Agosto, dopo che 52 tra donne, uomini, vecchî e bambini africani erano bruciati in 4 incendî di tuguri fatiscenti, in più pagati a prezzi da strozzinaggio ("vedete che è meglio squattare ? , dîmo nojaltri...), mentre il solito Sarko’ sembrava fare della "propaganda armata" (sembrava quasi una rivendicazione... roba da far rischiare qualche crepa nell' antiparanoia militante del sottoscritto & Complici.... ; quasi-quasi giocando la carta dell' "ultraliberalismo del mercato delle "Comunità”  " intese in senso un po' 'neo-tönnesiano, e lanciando l'offa ai maghrebini, che lui ama si sentano rappresentati dal nuovo-nuovo Concistero dei musulmani, di fargli vedere che ci si può riunire tra Occidntali (in effetti, l'Islam è forse non-Occidente? Non è monoteista matematico imperialista statale... &tc. ? e prendersela con i <sub-sahariani>...), e non solo mandava a sgombrare di forza le case fatiscenti, con armade di Robokop CRS preposte a tenere a bada la “racaille & sostenitori”, ma ostentava "ratonnades" rastrellamenti di sans papiers, spediti nei Centri di retenzione e pronti per essere impacchettati e spediti via air mail, o nave...
Brard cauzionava un'operazione dello stesso stile contro qualche decina di famiglie, per sovrammercato "strozzinate", buttate fuori da uno stabile a rue du Gazométre con contrno di sfascio, lacrimogeni, pestaggi...
Avendo la sunnominata racaille occupato un Centro-"Casa delle libertà”  dedicato a Mathoub Lunes (cantautore militante cabilo ammazzato non si sa bene se dagli ultras del Gia o dagli sbirri del regime qualche anno fa), il Signor Sindaco aveva "coperto" uno sgombero assai muscolare "sotto gli occhi dei bambini", sostenendo – e davvero stavolta non era vero! sai bene che non mi piace l'angelismo "negazionista" – che le devastazioni che in realtà avevano ostentatamente fatto i CRS erano state fatte dai "selvaggi" ...

Solo un'uscita di un paio di cento del foyer Bara  (allertati megafonicamente da "gente del nostro giro" –– vedi perché vogliono dargli a forza le casette moderne...?), sopraggiunti sui luoghi, aveva costretto a prolungare da una notte a trenta il soggiorno provvisorio offerto alle famiglie e persone  "sbaraccate"...

Bon : ieri sera il "piccolo Cesare", il solito Brard, aveva organizzato nella Gran Sala des marriages del Municipio una grande "messa" pubblicitaria, con un Grand'Architetto-Urbanista, non ricordo il nome, argentino...

Si son trovati ai quattro angoli del Salone nojaltri/e, chiassosi, scandenti slogans, "striscionanti", banderôlanti, volantinanti.... ma assai gentilmente in realtà, fermi e con argomentazioni chiare, portate da "sfrattati & sfrattate", anche vecchie Mamans...

Ô, devo dirti che la cosa andava benissimo, e che ho fatto un "assolo" non per stretta necessità, o calcolo "tattico-militante", ma, ti assicuro, per una collera a cui raramente arrivo, vedendo questo qua come una Sfinge, neanche levarsi in piedi, spiegare, contrattaccare.... Solo, macchinalmente, ripeteva ""Lasciate parlare il nostro Ospite"", e – a gente che diceva ""Discutiamo, vogliamo una garanzia di rialloggio che il Sindaco può darci"", manco rispondere, certo imbrogliare, girar frittate, solo ripetere "Ha la parola....".

Così, col livello "megafonale-nature" che posso produrre, gli ho fatto un'intemerata, in un gran silenzio prodottosi, che lo ha preso di petto in modo un po' "antico", battendo sul binomio arroganza infinita/viltà di questo trincerarsi dietro l'ospite e non peritarsi, non degnarsi di assumersi delle responsabilità...

Poi, ha funzionato un furore incoercibile che mi saliva alla strozza e, passato al "tu", ho cominciato in modo che pungerebbe sul vivo qualsiasi animale di specie mammifera... [passami l'iperbole...], " maper chi ti prendi? Non sei né Stalin né De Gaulle, sei solo un minable arrogante e lâche, che sa parlare solo per flick interposti... Una specie di Francisco Franco, senza rispetto di te... Non meglio di Sarkosy, e in più della "razza" di quelli che hanno trascinato nel fango la parola <comunismo>... Almeno, da "animale umano", alzati e parla, o sei un uomm' 'e mmerda!”.

Bé, devo dire, il raccapricciante e anche inquïetante è, che non ha mosso un muscolo!
(per fortuna c'è sempre il 'tragicomico' : finita la tirata, vado a sedermi, e, un attimo dopo, mi prende undolore tra spalla, braccio, e petto a sinistra, che sembra proprio quelli dell'infarto che arriva –– oltretutto, Toto, rifugiato a Lyone haut-en-couleur, cardiopatico e tabagista – quello su cui hanno fatto quel film che "buca lo schermo", passato al Film festival di Torino un paio d'anni fa, aveva avuto una roba del genere alle due di notte a casa mia dopo essere uscito due giorni prima da una "coronografia &tc", e ricordavo la corsa in tassì, con Lucia.... poi tutto era finito bene, per quella volta.... ––
Con un paio di compagni di cui uno con macchina, pensiamo che era meglio andare alle Urgenze del vicino ospedale, e ce la svignamo alla chetichella, per non creare effetti melo', preoccupazioni &tc.

Bon:al's well ...., l'elettrocardiogr. è normale, mi tengono tre ore per verificare anche 'via' esame del sangue, alcun incidente cardiaco, diagnosi un poussée di periartrite, che –– freddo, contrazione muscolare e coup de stress aiutando, può verificarsi (e infatti, tutto OK, solo che il dolore – localizzatosi commilfo' allo "snodo" –– è la <testa dell'òmero> ? – è proprio lo stesso, meno forte, di una 'passata' di periartrite avuta un paio d'anni fa).

Bè, sai il buffo? Oggi ho rivisto i compagni perché c'era un'altro paio di cose (però, a metà di questa manifestazione "a gatto selvaggio" che poi è andata bene, son rientrato perché il Gen. Freddo...). Mi hanno detto che ieri sera si è conclusa bene, la polizia è arrivata, ha sgombrato tutti, loro con gli "sloggiati" hanno pure fatto un corteo per le Cités vicine, e a sentir loro Brard era "mogio", "effondré"...

Di questo, io non sono tanto convinto, visto il comportamento da "automa", il glaciale silenzio che a me sembrava l'arroganza sprezzante, distante...
In ogni caso, il "comico" è che, andando all'ospedale, continuava a venirmi il "cattivo pensiero" -cattivo perrché un po' demential...- che un incidente cardiaco mi avrebbe rotto i coglioni, non tanto perché come minimo avrebbe significato la fine brutale della storia con "Sigaretta, mon amour", ma anche perché, se si fosse risaputo, di sicuro quell' apparatcikho di Kapitale-Stato-ideologia, prosseneta di Mme la République, vera p...respecteuse, e portatore di un ibrido incredibile di "nov langues", concentrato di <falsecoscienze>, &tc. ..., di certo si sarebbe sentito forte, gajardo, "di marmo", dai nervi d'acciaio, vincitore, che "ti fa venire un infarto e, lui, non si scompone"...
Cazzate, ma insomma....."

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8 novembre 2005 2 08 /11 /novembre /2005 00:00

Radiondadurto:INTERVISTA A ORESTE SCALZONE PARTE 2 /3

16.04 - 07 Novembre
Undicesima notte di rivolta nelle banlieues parigine: 395 le persone arrestate, il numero maggiore dall'inizio della rivolta.1400 le auto incendiate. Dalla capitale la rivolta si è estesa ad altre città francesi, interessando 274 comuni. Le situazioni più tese a Marsiglia, Saint- Etienne, Tolosa e Lilla. Ascoltiamo l'intervista con Oreste Scalzone da Parigi.

http://www.radiondadurto.org/agenzia/scalzone-francia-terza.mp3

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27 septembre 2005 2 27 /09 /septembre /2005 00:00

Nello sciopero della fame ci sono due fasi: la messa a rischio e poi il catabolismo. Io sono contrario a chi corre in moto ma ritengo che l’idea del rischio zero che ci viene continuamente propinata è della stessa portata distruttiva della buona intenzione di sradicare il male dalla storia senza nemmeno passare per un Dio.  Penso alla promessa di felicità insita nei moderni messianismi: dal liberismo alla Smith, con il suo feticismo della potenza regolatrice del mercato, ai preti bolscevichi (fosse anche nella versione lassalliana: dove il feticcio diventa lo Stato), dai padri della Costituzione americana, la cui base materiale è le ferma credenza, scritta a chiare lettere nel dollaro, che “Dio è con noi” alle tante promesse di Paradisi terrestri utopici o cronici.

No, il rischio zero ti porta a morire di fame in casa, per paura di finire con la testa rotta dalla tegola che aspetta il tuo passaggio per cadere. Una volta ucciso Carlo Giuliani – o via via a risalire nel tempo di generazione militante in generazione militante Francesco Lo Russo o Saverio Saltarelli o i morti di Reggio Emilia – se ne dovrebbe dedurre allora che non si fa più una manifestazione. Mi turbano le ricorrenze e le ricorrenze delle ricorrenze ridotte a occasione per martellare un’indignazione a fini propagandistici i cui esiti oscillano tra la serenata a se stessi e l’autoterrorismo.

Ben più tragica fibra ha il catabolismo dello sciopero della fame. Perché finiti i grassi, il fabbisogno di calorie ti attacca i muscoli e ti brucia il cervello. A questo punto anch’io tremo un po’: come se Maraini avesse deciso di continuare, sotto i riflettori televisivi, a farsi a fette nel teatro dell’anticrudeltà. Mi è venuto a mente di colpo, con un po’ di vergogna, nei giorni scorsi, al crematorio di un cimitero di Parigi, il Père Lachaise, una sala sinistra, da loggia massonica, con la triste pretesa di imitare la grandiosità di una cattedrale. I compagni mi hanno chiesto di suonare sommessamente Addio Lugano bella, prima che bruciassero la salma di una militante proletaria, la moglie di Giuseppe, un immigrato siciliano di Montreuil, mio coetaneo ed amico, arrivato in Francia con i genitori cinquant’anni fa. Mi è venuto a mente il giorno che l’ex marito venne a prenderla a casa per portarla a operarsi del cancro al polmone che l’ha poi ammazzata. A casa loro, erano i giorni del Paris Social Forum, ospitavano ai materassi una quindicina di compagni del Sud Ribelle e dei Cobas (ricordo Antonino Campennì di Radio Ciroma e Vincenzo Miliucci). E a lei ridevano gli occhi per la gioia: convinta che rital (italiano nel parigino popolare) e rivoluzionario fossero sinonimi.

Negli ultimi dieci giorni di vita ha chiesto di andare in un centro palliativo perché tutti i compagni potessero andare a salutarla e io non ce l’ho fatta ad andarci per lo sciopero della fame. E così, tra le lacrime dei presenti, mi è toccato di testimoniare, insieme al compagno, ai genitori, ai figli, la sua contentezza di fare una cosa terribilmente rompicoglioni. Tutti abbiamo conosciuto  persone dal grande cuore ma che non si prendono dal cuore, ma tutte queste cose sono rare in una persona.

Mi è venuto di pensare al “tempo di nostra vita mortal… quando gli occhi ridenti e fuggitivi”: questa donna aveva il cuore negli occhi. Così mentre suonavo mi sono un po' vergognato a pensare che cosa sarebbe successo se avessi fatto in tempo ad andare a trovarla. Be’, alla fine penso che se lei mi avesse detto, tutto quello che altri, senza titolo, senza onore, mi dicono: “Ma come, Oreste, io lotto per guadagnare un’ora di vita per salutare un altro compagno e tu ti affetti il dito e lo servi in tavola…” avrei finito per dirle una bugia ma non potrò mai raccontarmi la favola che è una storia bella, pulita e luminosa.

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26 août 2005 5 26 /08 /août /2005 00:00

Una sera in un grande dibattito a Parigi ero uno dei pochi completamente d’accordo con i due contraddittori, Baudrillard e Virilio, che pure erano d’accordo nel dire che le coppie funzionano così, la crisi dell’est è anche l’inizio della crisi del poloovest, tutto il discorso ormai banale sulla carenza da nemico. In Italia l’unico ad averlo capito tra i politici era stato Cossiga. Craxi si era illuso che fosse giunto il momento della sua vittoria, ma si sbagliava. Perché immediatamente compare un altro motivo di inquietudine. Ci sono sempre i temi che dominano una certa epoca, io ricordo negli anni ’50-’60 il rischio dell’olocausto nucleare. E compaiono i primordi di quello che oggi si chiama l’unilateralismo, l’egemonismo americano: la guerra del Golfo in qualche modo introduce il criterio della guerra giusta, della guerra del diritto. E persino Ingrao arriva a dire una stronzata come capiremmo se fosse un’operazione di polizia internazionale, ma non proprio la guerra*, quando era esattamente il contrario. Questo andava detto e non lo diceva nessuno. Io l’avevo scritto in un libro collettivo curato da Lefebvre.

E allora il trend, soprattutto in Italia, gira. In fondo sono le stesse persone, e di nuovo c’è solo una specie di rinnegamento del rinnegamento. Non è più molto alla moda il cinismo, quello che faceva dire a Bifo i peggiori anni della nostra vita, roba da Milano da bere. Ma invece di operare una correzione si procede con un errore simmetrico e viceversa, ed è terribile. Con la guerra del Golfo, allora comincia un’operazione in cui sul buco della lobotomia della teoria del plusvalore, si inseriscono ideologie di sostituzione che in realtà non sono delle articolazioni ma delle estensioni. La problematica dei femminismi – nella forma emancipativa – poteva essere già presente, forse poco, in Marx, ma l’ecologismo nella sua base viene da una scienza, non poteva essere presente all’elaborazione marxiana né dei suoi contemporanei, quindi è un arricchimento, e così i movimenti, sempre che non diventino quello va bene perché va bene oggi, quello invece è superato perché questo lo dicevamo da giovani.



*Del pacifismo

Il grande pacifismo  transnazionalista dell’inizio del secolo e soprattutto della sua epopea nel ’14 – e possiamo metterli tutti:  la versione alla Jean Jaures, quella anarchica o quella bolscevica – si regge sulla premessa dell’internazionalismo proletario, quello del film e del libro Uomini contro, con Gian Maria Volonté, del libro Un anno sull’altipiano, in cui il discorso è perché dobbiamo scannarci tra proletari che parlano lingue diverse mandati allo sbaraglio nella guerra di trincea da generali che ci usano come carne da cannone, e invece lo dobbiamo fare in nome e per conto di gente, che poi sono tutti cugini, e si ritrovano al tavolo della pace, e invece non dobbiamo fraternizzare fra noi, e rivolgere le armi contro il nemico, che marcia alla nostra testa. Quello era forte, ma un pacifismo senza rischi è un trucco aberrante. Il pacifismo rivoluzionario proletario, l’antimilitarista, non era pauroso e col rischio zero, diceva guerra alla guerra, e poi, con Lenin, trasformare la guerra interimperialista in guerra di classe; in guerra sociale dicevano invece gli anarchici. La premessa era quella, poi si può vincere, si può perdere. Lo testimonia la vicenda italiana, l’interventismo democratico alla Salvemini, e Mussolini, che non è un fanatico ma un avventuriero, transita per lì, finanziato dai francesi e questo gli permetterà di prendere l’egemonia di un movimento e di proporre uno specchio in cui autoriconoscersi ai cafoni del sud, come mio padre, reduci dalla guerra di trincea. Sono pochi quelli come mio padre che diventano socialisti o comunisti. A gran parte si propone una rotazione degli assi: non è più la classe, è l’Italia la grande proletaria, con il vittimismo della vittoria mutilata. E questi non si vedono più come i cafoni, i terroni che avrebbero interesse ad integrarsi con gli operai dell’occupazione delle fabbriche di Torino ma anzi li vedono come quelli che erano imboscati durante la guerra e si autodefiniscono come reduci e tutto si gioca nel diciannovismo, nella complessità della vicenda di Fiume.

Invece il pacifismo degli anni ’50 e quello della battaglia sui Pershing cos’era? Nessuno dei pacifisti solidarizzava con eventuali pacifisti sovietici, anche perché non ce ne erano, li mettevano in galera subito. Ma è diverso, si diceva che i Pershing erano intrinsecamente cattivi invece gli ss20 andavano bene. E così un certo tipo di terzomondismo,  anche quello è un’ideologia di sostituzione, non è più un corollario ma sostituisce qualcosa che è stato lobotomizzato, e quindi ecco che dal terzomondismo sviluppista si passa a un discorso Nord Sud. Conta poco se rischiano, dove nascono, a sinistra, esiti di destra, diciamo anche sul terreno del relativismo culturale o del etnoculturalismo. Si legga Dumond e la sua critica dell’universalismo, sull’individualismo dell’occidente. Sono interessanti, ma cortocircuitate volgarmente in una specie di nuova falsa coscienza ideologica politica diventano terribili, è come se ritornassero gli anni ’80 e il voltagabbanismo, ma si va – se è possibile – ancora al peggio, è una specie di malinteso, di melange di ideologie e di ritorno nostalgico un po’ snob e poi di nuovo di elementi cattogiacobini, di elementi rossobruni o di fascismo del tipo peggiore perché non riconosce le proprie fonti.

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27 juin 2005 1 27 /06 /juin /2005 00:00

Chi ha paura di Paolo Persichetti?

Paolo è nuovamente vittima dell’accanimento dei giudici che lo ritengono socialmente pericoloso.

Non possiede infatti il profilo idoneo per godere di un permesso: non è un pentito ne un dissociato.
Se le leggi non garantiscono il livello repressivo desiderato , ecco la psichiatría criminale.

Che la terra sia piatta ed immobile ce lo ripetono da secoli: eppur si muove.

Daremo battaglia.

Ignazio

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27 juin 2005 1 27 /06 /juin /2005 00:00

Paolo ha iniziato lo sciopero della fame.

Dopo quasi tre anni di detenzione a causa di un'estradizione iniqua, "giustificata" da una montatura il cui principale responsabile è il PM Giovagnoli della Procura di Bologna, a Paolo viene sistematicamente rifiutato ogni beneficio previsto dalla legge (vedi permessi o trasferimento ad un carcere dove possa proseguire i suoi studi).

Pur essendosi dimostrata inequivocabilmente l'estraneità di Paolo rispetto alle accuse addotte come pretesto per la sua deportazione in Italia, non si scorgono segni ne di ammissione da parte magistrati inquirenti del plateale "errore" nè tantomeno la pur minima volontà di applicare, da parte del giudice di sorveglianza, quanto previsto dalla legge a suo favore.


La decisione presa da Paolo è di estrema gravità, abbiamo cercato di dissuaderlo con tutti i mezzi, ma a questo punto non possiamo eludere di assumerci la responsabilità di appoggiarlo senza se e senza ma!


Nelle prossime ore inizieremo una campagna di appoggio che prevede fra l'altro l'invio di mails al centro penitenziario, al giudice di sorveglianza ed ai parlamentari che fanno parte del comitato creato a suo tempo a suo sostegno.

Siamo in attesa di un messaggio personale di Paolo.

Nel frattempo preghiamo di diffondere la notizia con tutti i mezzi a disposizione.

 

webmaster blackblog

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26 mai 2005 4 26 /05 /mai /2005 00:00

Articolo disponibile per diffusione in formato word, pdf ed html:
http://ddata.over-blog.com/xxxyyy/0/02/97/53/bolognalunedi-9-maggio05.rtf
http://ddata.over-blog.com/xxxyyy/0/02/97/53/bolognatext.htm
http://ddata.over-blog.com/xxxyyy/0/02/97/53/bologna-9-maggio05.pdf


Per ricominciare a parlare di Amnistia

Possiamo dircelo, insegnarcelo a vicenda, compagni, compagne, persone amiche (e anche non...): chi dice movimento dice qualcosa di quasi altrettanto complesso, contraddittorio, enigmatico, sfuggente, incomprensibile a “colpo d’occhio”, e irriducibile innanzitutto a semplificazioni, a categoricità di giudizî, a sicumèra. Dice qualcosa di altrettanto irriferibile, d’indicibile spesso, di resistente , di entusiasmante e disperante, di chi dica mondo. Di chi dica...vita, essere, tempo, senso, o anche solo ...specie, “razza umana” , o che so liberazione, o lavoro...

1. La preistoria
Quando, nel giugno del ‘78 (poco più di metà del tempo che si dice trascorso tra Hiroshima e stasera....), un quartetto di noi Del Giudice, Piperno, Scalzone, Zagato.. (nomi come tanti, che sarebbero di lì a poco passati al proscenio del “Circo Mass-mediatizzato dell’Inquisizione d’ Emergenza” aperto al pubblico con l’opening night del 7 aprile ‘79 ) un ‘quartetto’ di no aveva avanzato sulla pubblica piazza, rivolgendo la voce in tutte le direzioni, una riflessione ad alta voce sul tema dell’ AMNISTIA, mi pare di ricordare che, con bella ingenuità, ci sembrava che le difficoltà (per dire un eufemismo) sarebbero venute dall’ “alto”, dall’“avversario “ o come altro si volesse chiamare il “nemico” (così lo avevamo percepito, largamente peraltro ricambiati e, da ultimo, con l’interesse - non si sarebbe tardato a vedere - con interessi “da capogiro” e “ composti”).
E invece, quella che poteva sembrare un’ espressione ovvia, naturale (cioè, beninteso, come se), un po’ come “Pane pace libertà !” d’altri tempi e luoghi ; o, per venire a noi, o “Più soldi e meno lavoro !” “reddito d’esistenza !”, “ pari riconoscimento della diversità, del differente !”, si rivelò una parola quant’altre mai mal’amata. Quasi colpita da un sortilegio, un’inibizione, un’ auto-censura, prima ancora di poter essere formulata ‘a fior di labbra’, mormorata tra noi, sillabata, anche solo per prenderla in esame, discuterne...

2. Una parola malcompresa
Amnistia, Amnistia ! fu parola subito mal’amata (non mi permetterei di dire, “malcompresa”). Troppo “day after”, troppo rimante con sconfitta (e questo era incontrovertibile, la ragione per cui veniva proposta come “qualcosa da rivendicare” era che si considerava che sconfitta ci fosse stata).
“Rivendicare”, “rivendicazione” : non “mendicare”, e/o “reclamare” : “rivendicare” nel senso che il termine ha nel “sociale”, e in questo caso non già nel senso sindacale, di domande, conflitti, “pre-cotti”, prestabiliti, “piallati” entro limiti rigidissimi di “compatibilità”, addirittura fino a concertazioni rigorosamente difensivi, di resistenza, comunque dominati dalla assimilazione dell’idea che la vita è “variabile dipendente” rispetto alla logica dell’economia, del sistema, così come della ragion di stato (che, esse, sono mezzo & fine, strumento e orizzonte, che hanno ragion-d’essere, “in sé & per-sé” ).

3. Per non parlare di sconfitta
“Sconfitta” : per un punto di vista “materialista critico”, ovviamente , non si può escludere (sconfitta in una guerra, in una battaglia, sconfitta di un intero ciclo). Che questa non debba, non debba esser considerata definitiva e totale, beninteso, questo è importante : la Comune è, per certi versi, qualcosa che non è mai morta, come dice la canzone; che, anzi, ci parla di futuro ; ma che, su un piano d’immanenza, sul terreno dell’immediatezza e dell’effettualità, essa fosse stata schiacciata, a noi sembra incontrovertibile, e il non voler/non poter riconoscerlo è foriero di mortificazione , effetto ‘mortifero’ di vertigine “soggettivistica “ mortale come il volo di Icaro.
Però così era, nelle passioni, nel pathos abbigliato in Teoria, Etica pubblica, Ragion Rivoluzionaria! (anche questa è la complessità stra/ordinaria, sempre in bilico tra sublime e demenziale, di ciò che si chiama “movimento”) Rivendicare un’amnistia sembrò implicitamente arrendersi, anzi, essersi arresi ; nominare la sconfitta era vissuto come crearla, come anticipazione di una disfatta a quel punto annunciata, disfattismo come fosse “previsione creatrice”, “profezìa autorealizzantesi”, “mal’occhio”. Appena un mezzo passo di lato, e "amnistia !" era malamata, sprezzata, ostica, invisa, contrastata, deformata, calunniata da un punto di vista opposto, speculare . Esso non era né “nobile” né “demenziale”, all’inizio era un po’ infimo, avaro, micro-corporativo. Poi è diventato, a tratti, a volte, “anche gratuito” ; senza “ utilità”, necess[arie]tà”, vera. Quasi un “se non è esclusivo, non ci interessa”.


4. Un sottofondo comune
C’era, tra l’uno e l’altro esito, un sottofondo comune : non solo nel metodo, nell’intolleranza, nel carattere categorico, immediatamente risentito con chi dice altre cose, non è sulla stessa linea, non conferma aspettative né vi si conforma. Una sorta di disaccredito , nutrito da scandalo per il fatto stesso che ci sia qualcosa e qualcuno di altro .Questo denominatore comune, per esempio, ai continuisti nell’affermarsi identici a se stessi ; o in quelli di assolutizzare ciò che si dice ed è “nel momento” è un esito, ci sembra, unilaterale, in qualche modo, della dialettica fra elementi, sfaccettature, “ingredienti” di quella che era stato un medesimo denominator comune di “mentalità” : la super-semplificazione binaria, dicotomica, per assoluti contrapposti in coppia, talmente speculari, simmetrici da essere ciascuno rovescio dell’altro.

5. I cicli dell’amnistia
Dopo tre cicli di sette-otto anni
78- 87 : l’assoluto isolamento "amnistia" come “parole al vento “, come un disco rotto lo spazio, lo spessore del filo di un rasoio, di un funambolo o che forse manco c’è. .
87- 97 : ‘svolte’, convergenza, illusioni. Troppo poco audaci per esser realistici. Canto del cigno e pietra tombale, la legge d’indulto in Commissione Parlamentare “Giustizia”
Poi , 97 sino ad ora, silenzio assordante ; “manco a parlarne“
Ora se in concatenamento occasione Pannella “size the time/ do the right thing” . Io ho il destro di dire a quelli che, con un'unanimità rotta solo da preziose eccezioni quali la vostra , “continuate a dire manco a parlarne? amnistia è parola irriferibile”? Oppure se io dico: "ma vogliamo dire sì a un indultone che metta fuori i disperati; che liberi da spade di Damocle e sgravi da ipoteca 4000 manifestanti new global ; nonché se dico vogliamo cominciare ad aprire la discussione su un percorso di “ soluzione “, su qualche iniziativa preliminare, sulle pre-condizioni ? Forse dopo disperanti isolamenti, e poi “false partenze/falsi movimenti “, e poi ricadere all’indietro, questa è la prima volta in cui Amnistia ! è, in qualche modo, fatta propria virtualmente e non più malamata dall'insieme del Movimento.

6. Iperrealismo della ragione politica
Forse per chi si è subito mosso (come Cobas, Papillon, voi), non si può neanche dire che sia servito il mio ‘declic’ : evidentemente, non c’era un ‘blocco’ totale, un tabù come quello che invece si rivela nei silenzi come nelle vociferazioni dei “ troppo assenti “. Appunto per questo è necessario (proprio noi che rifiutiamo l'alienazione politica, il ridurre la vita dentro il perimetro, i limiti, i bordi della “ cassaforma “ del Politico ), ragionare in termini “à la guerre comme…”. Rasoio di Ockham. Bisturi quasi di iperrealismo della “ ragion politica”. Ecco : non ci si stupisca. Non è come un esitare di fronte al salto , o diventare improvvisamente “parsimoniosi, come di chi abbia finalmente un “gruzzoletto”. Se si chiudesse, cortocircuitando, precipitandosi su una piattaforma, richiesta, o progetto di legge, o documento, sarebbe “un peccato”. Se non vogliamo un sicuro esito come per l' indulto del 97 , bisogna agire su alcune pre-condizioni. Anche solo per essere realisti, bisogna volare alto, andare in profondo. Prendere da angolature preliminari. Di questo vorrei parlare già da stasera con voi .

7. L’esempio sudafricano
Nei giorni delle vociferazioni sinistre e oscene CONTRO LE PRESCRIZIONI (della “fase di andata” di cui sopra,) qualcuno aveva evocato la “ragionevole” idea direttrice di una soluzione politica d’amnistia per il contenzioso mai risolto – anzi, “residuo sempre più irrisolto” – dei cosiddetti “anni di piombo” (gli anni di quella che, con sguardo d’insieme e necessaria distanza, potrebb’esser definita una lunga onda d’urto di sovversione sociale, terreno di coltura del prodursi di uno “stato d’insurrezionalità endemica prolungata, subacuta e cronicizzatasi”). Ma in quegli interventi, la ‘cosa’ veniva legata al richiamo suggestivo (a cui tanti, tante “teste pensanti ” si sono applicate) alla "Commissione- Verità e Giustizia" nel SudAfrica “di Mandela”. Ora – come in modo pertinente altri avevano fatto notare – articolare le due cose era improprio, e il mettere una forma del tipo di quella Commissione come pre-condizione di un’amnistia sarebbe risultato sviante e iniquo. Nell’esperienza sudafricana, infatti (a parte molte altre differenze) alla tavola della Commissione si confrontavano figure di tutte le parti in causa: c’erano l’ANC e Winnie Mandela, e c’erano i responsabili dell’ Apartheid, i De Klerk… c’erano i neri e c’erano gli Afrikaner, i sommersi e i salvati, gli oppressori e i ribelli, le fazioni… In qualche modo, alla cosa mi pare si possa dire che avrebbe assomigliato di più (anche se sono allergico alla dizione) l’idea del “Grande Pentimento” di Cossiga…

8. Le correzioni di rotta
Nel far incrociare le cose, si arriverebbe a degli assurdi, degni di straparlare osceni come quelli dovuti sentire, nella “fase di andata”, da un Giovanardi o un Montefoschi (cfr., le demenziali sconcezze su “i "terroristi rossi" come figli di papà in spyderina, ricchi che sparavano ai poveri e sono stati coccolati dagl’intellettuali di sinistra”!) : sta’ a vedere che il ‘luogo’, l’emblema paradigmatico delle impunità, del sottrarsi alle proprie responsabilità, dei “misteri su cui far luce”, diverrebbe un pugno di nojaltri, un pugno di “stracciaculi” latitanti ! Forse che dovremmo spiegare anche le Ustica ? Fausto Bertinotti e Massimo Cacciari, col garbo che si deve ad un errore che si presume ‘da malinteso’, spiegavano che i due piani e i tempi si dovrebbero separare : un’amnistia, che è tutt’altra cosa, e poi eventualmente ben venga la “tavola”… Forse – anzi, assai probabilmente – a rischio di sorprendere, e quasi certezza di attirare come minimo perplessità, o anche riprovazione e altra forma di ostilità all’occorrenza anche mal-pensante (e mal/ -dicente, -evola, -animosa), sprezzante, da parte di molti anche inscritti in quello che si dà, pur in senso lato, come “nostro campo”, (magari compresi gran parte di ‘quelli dell’assordante silenzio, del “neanche a pensarci, dato il clima” ) ; sapendo dunque di poter magari amareggiare, deludere, addolorare alcuni e alcune, sarei portato a dire : l’importante è disgiungere.
Se rivendicare in queste condizioni una misura concreta di "rinuncia alla pena" dovesse essere solo il destro offerto ad una sorta di sordido (in alcuni casi consapevole, intenzionale ; altrimenti come effetto, come risultante ‘sistemica’) “gioco della crudeltà”, tanto vale congelare la rivendicazione esplicita d’amnistia, e rilanciare – prendendo in parola chi l’ha sollevata – la proposta, la sfida, della “tavola” sul modello della Commissione in SudAfrica.

9. Il nome della tavola
Per questa “tavola”, non si potrebbe che partire dal “titolo” generale, che non può che essere “ politica e crimine” – nella storia, nel pensiero giuridico, etico, critico, politico. "Crimine" di Governo, "crimine" di ‘Ragion economica’, "crimine" di ‘Ragion di Stato’…, "crimine" d’ideologia, di rivoluzione, di "Giustizia penale" -e anche di giustizia-, o di libertà, o –perché no ? – amore… Ecco : di questo immenso “libro”, noialtri possiamo costituire un capitolo, non certo la totalità, né la quintessenza… Rimessa la cosa su delle gambe, la discussione sulle legittimità, il senso, i nonsensi, della memoria e dell’ oblìo, della pena e della "rinuncia alla pena" -o "oblìo giudiziario"- , può procedere in modo non becero e specioso, viziato e in definitiva impotente. E dunque, potrebbe incardinarsi un dibattito, anche controverso, su un’ amnistia, o amnistia/indulto, comunque su misure ‘di tipo amnistiale’. Per ora, il discorso si ferma qui : a questa sfida sulla “tavola”. Non senza anticipare un qualcosa che riprenderò: l’offerta rinnovata a “metterci del mio”. Perché "un’amnistia è sempre anche reciproca": amnistia del contenzioso, di “debiti”, “crediti”, identità di “vittime”, percentuali di “colpa”. Questo, non ha nulla a che fare con pacificazioni dei conflitti. Anzi io parlo dell’ idea direttrice - che, per dirla con Foucault, è diversa tanto da “utopia” che da velleità- di un abolizionismo penale radicale (e su questo torneremo.)

10. L’origine dell’errore
Basti solo dire, qui, che noi riteniamo che proprio dalla sostituzione del nocciolo vivente dei movimenti sovversivi operai, proletarî che – diciamo, forzosamente come sempre un po’ quando si “data” – s’erano dispiegati tra il 1848 (quel “’48 mille volte maledetto dai borghesi”,) e la primavera ’71, quel 18 marzo dell’insurrezione della Comune di Parigi (che “sarà sempre e comunque la più gran festa del proletariato”); dalla sostituzione della radicalità del comunismo come movimento, idea-forza comune nell’"Associazione internazionale dei lavoratori", con molti altri ‘ingredienti’, dottrine ideologie pratiche, di sostituzione – primo e peggiore, lo statalismo, (di Stato peraltro “etico” ed “etnico”, di matrice lassalliana, come assurdità vertiginosa di vederlo come “presidio” degli sfruttati contro la classe padronale) sia iniziata quella catena di arrovesciamento controrivoluzionario delle "Rivoluzioni" e dei "©omunismi", che si è nutrita dei sotto- e bassi-fondi peggiori delle “teologie dello Stato”, aggrovigliate con la “auto-teizzazione” del ‘dispositivo cronofago cosmo-macchinico-poïetico’ dell’ Economico, del Capitale.Le dialettiche della Colpa e del Castigo ne sono intimamente costitutive ….

11. Parlo per me
Non rappresento alcun altro, dunque non per arroganza, ma per scrupolo di verità, parlo per me. Sono disposto ad offrire – senza ovviamente alcun "riconoscimento di debito” nei confronti della Giustizia penale del ‘mio Paese’, dello Stato, le sue istituzioni, i "Poteri costituiti", l’ establishement/nomenklatura e al contempo – preciso – con una totale assenza di risentimento o sprezzo nei confronti di qualsivoglia “vittima” che gridi vendetta – piuttosto, con la pena e l’orrore di vedere queste persone, innanzitutto esse stesse, per prime, schiacciate su una condizione mortificata, morta prima ancora che mortifera —, sono dunque disposto a ‘mettere quel che posso’ come contributo ad una " riparazione simbolica”. E “quel che posso” è rinunciare ad una prescrizione che viene, e ritornare alla condizione di partenza, come qualcuno che, volontario o estratto a sorte, propone “al Moloch” una "bassa intensità" della consumazione del rito del " capro espiatorio ". Questo “mettere quel che posso” lo avevo già offerto, sottoposto alla discussione ‘tra noi’, come tentativo di azione di resistenza umana, come iniziativa tesa ad acquisire degli obiettivi di difesa, di salvezza, di persone con cui ho condiviso aspetti elementari di vita e destino (motivi questi, che continuano peraltro a starmi ‘disperatamente’ a cuore …). Il silenzio, il tentativo di dissuasione, compatto, senza praticamente eccezioni, che sono andato raccogliendo, era in parte commovente, tanto era attribuibile innanzitutto ad una reazione ‘protettiva’, di affetto; ma, almeno altrettanto, esasperante, per il carattere surrettizio e spesso sofistico degli argomenti. (certo, è segno d’amore il sacrificare intelligenza e ridursi a dire delle banalità zoppicanti, per trattenere qualcuno dal far qualcosa che sembra possa nuocergli, cadendo però nella solita trappola di “decidere ciò che è bene per qualcuno, ritenendo di saperlo meglio di lui”).

12. Attenti ai rischi
Ecco: anche di questo credo di avere in qualche modo una certa legittimità a voler discutere, senza argomenti ‘di suggestione’, e col massimo di pertinenza : affinché un gesto interpretabile "piuttosto nei termini spinoziani della necessità, che in quelli sartriani della scelta" possa essere valutato senza sovradeterminazioni comunque ‘impertinenti’, e all’occorrenza possa essere spremuto come un limone, non lasciato sprecarsi, come un frutto che marcisce non còlto .
Se a questo punto un contributo da parte mia, un contributo ‘nostro’, cioè del sottoscritto e del pugno di compagne e compagni più vicini e ‘complici’, può avere una qualche utilità, essa non risiede in una compiaciuta ripetizione, nel ‘darsi ragione’ a vicenda, nel felicitarsi della sintonìa trovata, nel sottolineare il piacere (soddisfazione, e se si vuole consolazione) di potersi dire che un qualche passo avanti lo si è fatto. A rischio di apparire ai proprî stessi occhî una sorta di guastafeste, d’in/contentabile, conviene aver l’occhio, ai possibili ‘angoli morti’, al rischio del ripetersi del ‘già visto’, dei punti d’inciampo e delle trappole, e degli effetti-boomerang sempre in agguato.

13. Un sogno nel cassetto
Per tentare di dirla in breve, in parole povere, ‘terra-terra’, ‘nude e crude’ e ‘dandosi appuntamento’ ad altri luoghi, forme, momenti per approfondire assieme, con un metodo di ricerca, anche di controversia, mirante a una incessante auto-correzione, reciproca, comune, e via via con altri. Se qualcuno mi dicesse, come in un gioco-di-società, e sul serio da bambini, da notte di San Lorenzo, "esprimi un desiderio"; il mio sogno non dovrebb’essere la speranza impaziente di vederci/vedervi ‘passare all’azione’ così, allo stato attuale delle cose, contentandosi dello ‘stato dell’arte’, ‘chiudendo’ il perimetro, assumendo ciò che è già come grado di disponibilità, ‘volume’ e spessore dell’argomentazione delle ‘ragioni’, grado di messa a punto degli utensili d’ogni tipo, livello d’intensità delle motivazioni. Vale a dire quell’essere sufficientemente agguerriti, in un crescendo sinergico di passioni ‘ragionate’ e di ragionamenti sufficientemente appassionati da potersi tradurre in dispiegamento di ‘potenza’, di azione. Naturalmente, ‘a caval donato non si guarda in bocca’, e una volta che ‘la cosa sia partita’, mettersi a vociferare di false partenze/falsi movimenti può essere la cosa peggiore. Però non siamo ancor là.

14. Un gioco al ribasso
Ecco: per spiegarmi. Fosse per me, non spingerei, tirerei per la giacca Giovanni o Paolo (poi che loro sono qui stasera), perché assieme con alcuni altri ‘amici e compagni parlamentari’ – che per molti come me possono essere un po’ ‘paracadutati oltre le linee’, o esploratori e mèssi, diciamo, in modo semiserio, in partibus infidelium – si precipitino a ‘rilanciare’, proponendo un disegno di legge d’amnistia e/o indulto ; o come prima cosa si facciano promotori di testi, ordini-del-giorno, mozioni da far circolare, nel Parlamento italiano e/o a Strasburgo. Né proporrei a ‘cerchie’ più o meno ‘fisicamente’ prossime fino a quelle divenute ‘familiari’; e poi passando alla articolata ‘galassia’ di un rizoma continuamente in estensione di attiva disponibilità alla solidarietà (certamente, in una relazione d’empatia, e se ci sono limiti, difficoltà ad una azione efficace, questo dipende dal doversi confrontare a problemi colossali e volizioni ostili con forze ìmpari e a volte con la sensazione di battere e ribattere, girando intorno, su rompicapo, su problemi formulati, posti in modo che non ammette soluzioni, talché si ha a volte la sensazione di un rovello senza sbocchi, senza scampo) di cominciare con lo stendere un cahier des doléances, una richiesta, un reclamo, un appello. Credo che, se si ‘partisse’ così, se si ripartisse da una ‘focalizzazione’, da un obiettivo così ‘concentrato’, non si potrebbe che andare, direi, sicuramente a conoscere ciò che si è vissuto all’indomani del voto, nella commissione-Giustizia della Camera del Parlamento italiano, del progetto unificato d’indulto, sul fare dell’estate ‘97. Sarebbe un peccato. Per questo credo che si dovrebbe aver la forza come sorprendendo l’uditorio con una sorta di (apparente) ‘ribasso’ di esser noi per primi a dire: non lanciamoci subito nel ping pong “Amnistia, sì! o no!”.

15. Non avere fretta
Un po’, intanto, con in testa la capacità di sorprendere, l’affermazione di radicale indipendenza, fino a sfiorare l’impressione di una sorta di ‘autarchica affermazione di autosufficienza’, del Diogene che dalla sua botte risponde ad Alessandro Magno che gli domanda cosa gli serva, replica, “niente ti chiedo, se non che ti sposti per non continuare a far schermo al sole”. Non si tratta di una vertigine di arroganza, a ostentazione di un’autosufficienza, di ‘lusso’ di un piglio orgoglioso. E’ che, se noi vogliamo non rischiare il velleitarismo, le conseguenti frustrazioni atroci, nonché la dissipazione di un embrione di ‘potenziale’ è meglio sapere che nessuna misura di ‘soluzione politica’, d’amnistia o di tipo amnistiale, è pensabile, se non collochiamo il discorso su un livello più alto, non investiamo piani, questioni, nodi di problemi più ‘vasti, generali, fondamentali’, che peraltro hanno una loro pregnanza, a mio modesto avviso, che non può non coinvolgerci come militanti, come gente che considera che una trasformazione radicale delle cose, del loro ‘stato’ e del loro corso, è necessaria; e che la scommessa sulla sua possibilità è una sfida permanente. Per questo penso che dovremmo dirci, e dire, ‘non ci sperate. Non veniamo a offrire la testa allo scempio di ‘tagliagole d’infimo genere’, che non aspettano che dare il via ad una riedizione del loro gioco della crudeltà. Per quanto ci riguarda, congeliamo aspettative e rivendicazioni. Facciamo come se non avessimo fretta. Dichiariamo unilateralmente una pausa, un’epoché’. Secondo me, se ci riuscissimo, dovremmo fare come se non avessimo fretta.

16. L’affaire Izzo
Non dobbiamo subire la coazione a confermare le loro previsioni di gente pronta a giocare il gioco abietto (se fatto da umani) del gatto-col-topo. Non precipitarci a combaciare con la silhouette che hanno tracciato sullo specchio, apposta per noi. Non essere, spinti da coazione, ad essere come irresistibilmente attratti dalla trappola, dalla gogna che ci hanno preparato… Perché questo – almeno alcuni – hanno mostrato e ri-mostrato di essere. Chi (come, salvo convincente smentita, come il ministro Castelli) ha tentato di speculare perfino su una vicenda da incubo come l’affare-Izzo, merita lo si consideri, non già un nemico, ma un abietto personaggio, indegno di esser gratificato della qualifica di «Nemico». Comunque, possibile che si possa lasciar gente di tal risma continuare a vomitare quelle che sono, peggio che il resto, idiozie ? Che non si obietti, fulminandoli, che ciò a cui rinviano vicende come quella, non è certo un preteso “lassismo”, la ‘manica larga’ nel concedere “semilibertà”, ma, esattamente, il torbido sottobosco di premî a delazioni, il mercato delle infamie, roba da “cordate” poliziesco-criminaloidi, nelle sentine grigiastre dei “rami” delle “buoncostume” e delle “squadre narcotici” … ? E soprattutto, che l’evidenza talmente evidente da restare occultata, come la «lettera rubata» di Poe, è che il moltiplicarsi di vicende “alla Izzo” rivela il fallimento del “fatto-carcere” ?

17. Il carcere è criminogeno
Il “dettaglio” delle “semilibertà” è solo un’occasione di disvelare la natura organicamente, intrinsecamente «criminogena» del carcere, e più in generale il sinistro assurdo penale. Talché la principale conseguenza logica andrebbe nel senso di un radicale abolizionismo penale «come idea-direttrice», per dirla con Foucault (in «Difendere la società»). Bisognerebbe, compagni e compagne, portare il discorso, imporre il terreno dell’agire per rimuovere degli ostacoli, cioè lavorare sulle pre-condizioni. La questione del quorum è, paradossalmente, la più semplice, roba d’“intendenza”. C’è tra noi (a cominciare, stasera, da Giovanni Russo Spena, da Paolo Cento), una serie di persone che ha elementi, strumenti, un ‘sapere’ ben maggiore del mio — si tratta di escogitare, provare, innescare processi a catena…Ben più radicale è la questione dell’uso delle «parti civili», lo scatenamento di una vera e propria “ossessione punitiva”, di una “tossicomanìa penale” di cui il sottoscritto ha parlato e continua a parlare, non foss’altro che perché spinto dalla molla come di un’ ossessione. IL “loro » punto debole, è che ciò che fanno in materia è criminalità pura, roba da peggio-che-prosseneti.

18. Ma nessuno è sottouomo
Questa mentalità mostruosa li colloca su un piano intellettuale ed etico non così lontano da quello degli Izzo (beninteso, noi non scenderemo mai sino a disconoscere a chicchessia la qualità di «umano» : demonizzazioni, « bestializzazioni», dinieghi di umanità, classificazione come «sotto-uomini» – fosse anche per il peggiore delle SS – fa saltare a pie’ pari dentro il paradigma a cui le SS si ispirano … Ciò detto, e considerato che ci interessa la critica, e pratica, di sistemi, rapporti sociali, logiche, istituzioni…., e non la “‘caccia a Colpevoli”…, è evidente che non possiamo risparmiare a chicchessia un giudizio di aberrazione intellettuale, e abiezione etica. Ecco : la tipologia-Castelli è – al di là dell’ inimicizia – spregevole (parliamo, ovviamente, delle sue manifestazioni pubbliche ; parliamo di enunciati, di comportamenti, di decisioni…, non ci interessa mai — per presuposti di metodo – voler attingere, che so, la “verità vera”, ultima, sulle intenzioni di chicchessia…). Potete capire cosa pensiamo del livello di degrado espresso dalle logiche che ispirano i comportamenti, poi, di un Brutti, pronto a fare il “portatore d’acqua” dei “Castelli” ; pronto a contravvenire persino ai ‘riflessi condizionati’ delle “opposizioni di Sua Maestà”, che – non foss’altro che per faziosità da concorrenza – non usano andare in soccorso di un governo periclitante che “‘va sotto”…, sol che si implori il loro voto per salvare una legge forcajola (come bene hanno mostrato Antigone e altre associazioni a proposito del balletto intorno).

19. Un’offensiva culturale
Ecco: si tratta di condurre una fase di offensiva : “culturale”, su temi di fondo, ‘a tutto campo’. Il prendere in parola il discorso del “modello sudafricano”, rinunciando ad avvalersi dell’argomentazione di un Bertinotti ed un Cacciari che dimostra in modo incontrovertibile quale dovrebb’essere la sequenza . Per dire : “Non importa. Ci va bene che prima si vada a questa “tavola” ”, io credo sia una carta da giocare. Con lucida, implacabile, stringente postura offensiva. Mi permetto di attirare la vostra attenzione sull’argomento che ho abbozzato altrove sulla domanda: c’è qualcuno che ha il coraggio, la sfrontatezza di argomentare ciò che è implicito in tutta una serie di discorsi e attitudini (a livello di "società politica", "intellettuale", mass-mediatica, civile), in uno scenario di estenuanti e disgustosi giochi multipli e incrociati di doppio-pesismi, fra [de]negazionismi e iperboli accusatorie, giustificazionismi e demonizzazioni ‘a seconda’, a rispettive e reciproche alterazioni continue dei parametri, dei pesi e misure, dei codici, dizionarî, presupposti, grandezze, durate, regole del gioco; in un estenuante misto di omologia, di perfetta specularità, di mimetismo parossistico, in una competizione in cui ogni asserto e atto è al contempo disconosciuto, auto-contraddetto ‘alla fine della fiera’.

20. Il Carnevale della storia
Questo carnevale al contempo ipocrita e sfrontato si consuma a saldo di un "secolo breve", cominciato col colpo di pistola di Sarajevo e prolungatosi fino a oggi, gocciolando sangre y mierda, mettendo capo a un unico immenso ‘Libro nero’, tra sterminî e controsterminî, colonialismi e controcolonialismi, totalitarismi e contro-, rivoluzioni e controrivoluzioni. Fino al kitsch di stili – post-moderno, post-economico, tecno-capital-statale assolutista totalitario integrale – ai bordi del ‘post-umano’ (considerato come insieme, di tutte le tesi e le ‘antitesi’, tutte le ‘dialettiche’ e sintesi, le guerre e le paci che ci propone, tutti i rompicapo, i dilemmi che ci impone per finire attratti nel fango per schierarsi come àscari, sbirri, kapò di una delle facce, delle sue Coppie maledette, tentacoli dell’Idra a terminazione bicefala).

21. La maledizione di Giuda
Dopo questo secolo illusionista, in cui il pensare è ridotto a Propaganda di guerra di concorrenze sleali, competitive a morte ma in ultim’analisi coalizzate contro il basso, gli ‘asini tra i suoni’, secolo illusionista di logos ridotto a cappî di un generale incaprettamento/autoincaprettamento logico, etico, sentimentale, unisono di cacofonie formanti stridore uniforme, agghiaccianti vociferazioni urla sussurri di ircocervi di lup’agnelli facentisi lupo nel pretendersi agnelli, in cui questa specie animale parlante, razza umana mortale, è fuoriuscita dal ‘campo magnetico’ dell’ "istinto di conservazione della specie", comune a tutte le altre, realizzando il più colossale esempio di autodistruzione mai verificatosi nella sua intera vicenda, nonché del ‘vivente’ è possibile che, alla fine di questa fiera insanguinata e atroce fino al grottesco, ad un pugno di gente ‘senza alcun ‘santo in Paradiso’, e solo ad essa e per sempre ‘senza santi’, venga riserbata la parte in commedia che una certa teologia ad usum assegnava a Giuda Iscariota, “l’unico certamente dannato se ve n’ha, poi che ce n’è”, paradigma del Maligno, del "Male nella Storia" ?

22. Una domanda, per finire
Un ultim’esempio : tutti i Soloni-AnimeBelle predicano le virtù delle pacificazioni. Le predicano a Tutsi a Hutu a Ceceni a Ebrei a Palestinesi, Israeliani, Algerine. Si chiede oblìo, “rasserenamento”, elaborazione del lutto, uscita dall’arrocco che necessita di Vendetta. Lo si chiede a destra e a manca, a genti d’ogni tipo, se ne lodano i segni, anche quando sono da stanchezza. Genti d’ogni tipo dovrebbero dimenticar sterminî, e l’unica eccezione riguarderebbe l’Italia, e in Italia una parte sola, alcuni che urlano di più, come fossero i soli, alcuni che sono violentati da dealer della tossicomania penale, gente “in camicia bianca”, Senatori di qua-e-di-là, Direttori e Opinion-Maker, che gli maledicono ‘siete condannati ad aggirarvi come anime in pena , anime perse, zombi’
Ministri e Ministri-ombra, Castelli & Pisanu & Brutti & Violante &compagnìa infame, tanto per non far nomi. gente altolocata che "meglio farebbe a legarsi al collo una macina da mulino".
Qui NO, in Italia No, i Signor Berardi devono essere tenuti nel forno che fa impazzire il cervello, come cani, all’infinito ? C’è qualche Signorone dell’Intelligenza disposto a dire in chiaro tutto questo, ed assumerlo ? Dovremmo forse concluderne, nojaltri, che con noi, con un pugno di stracci che volano sempre e solo loro, LorSignoroni d’ogni colore possono fare ciò che gli pare, perché in questo caso si tratta di gente ormai/già "i-ner-me" ? Bisogna concluderne che in questo caso e solo in questo, non c’è scampo ? Bisogna consegnare questo alla riflessione dei giovani di domani ?
Passo e chiudo per ora, arrivederci. A risentirci

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21 mai 2005 6 21 /05 /mai /2005 00:00


LUNDI 23 MAI à 18 h / LUNEDÌ 23 MAGGIO ore 18 / LUNES 18 de MAYO 18 horas

Salle D 714 Université La Sorbonne
(entrée : 1 rue Victor Cousin, Paris, 5ème arr.)
Dans le cadre du séminaire "La structure et l'ailleurs"
de Claudine Roméo.

Daniel Bensaïd de l'Université de Paris8, directeur de collection
aux éditions Textuel présentera le livre:

Daniel Bensaïd dell'Università Paris 8, direttore di collana da edizioni Textuel presenterà il libro:

Daniel Bensaïd de la Universidad Paris 8, director decolección en ediciones Textuel presentará el libro:



**EXIL ET CHATIMENT** de Paolo Persichetti qui vient de paraître.
**EXIL ET CHATIMENT** di Paolo Persichetti recentemente pubblicato.
**EXIL ET CHATIMENT** de Paolo Persichetti recientemente publicado.
Suivra débat
Segue un dibattito
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http://paolopersichetti.over-blog.com/
http://orestescalzonefrance.over-blog.com/

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